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performance

Stand still you ever moving spheres of heaven + We_Pop

Stand still you ever moving spheres of heaven
Di e Con Chiara Taviani ed Henrique Furtado Vieira
con il supporto di KLAP Marseille, Cie La Liseuse/Georges Appaix, EKA Palace Lisboa, Espaço do Tempo, Companhia Olga Roriz, Devir-Capa Faro
Una produzione A.P.S. UOT (unità di organizzazione teatrale)

Stand still you ever-moving spheres of Heaven si ispira al lavoro cinematografico di Roy Andersson, caraterrizato da lunghi piani sequenza e da scene filmate in studi cinematografici simili a dei tableaux vivants contraddistinti da un certo umorismo nero e da surreali dinamiche relazionali dal totale potenziale drammatico quanto comico.
Ricercando stati sensibili alla memoria, all’oblio, all’incidente trasportiamo in scena una ricerca coreografica e testuale prossima al cinema; abbiamo lavorato il monologo frontale, diretto in camera, in questo caso al pubblico, riportando banali episodi delle proprie vite, mini biografie, ordinarie storie senza capo ne coda di personaggi anonimi.
Intrigati dalla musicalità della lingua Anglosassone abbiamo riscritto e sconvolto questi testi creando un nuovo linguaggio; un linguaggio assurdo, privo di senso logico, e usato come strumento per l’immaginazione.

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We_Pop

di Davide Valrosso | produzione: Associazione Culturale VAN |
coproduzione: Festival Oriente Occidente
Con il sostegno di CANGO_Centro di produzione sui linguaggi del corpo e della danza e Associazione Culturale VAN
durata 30’

Sostegni, equilibri, simbiosi di corpi, un’energia condivisa in dissonanza, l’esplodere di due entità che invadono la scena nella loro nuda essenza, profondamente umana. Sincronia, mutazioni in un discorso fisico e spaziale che dilata il movimento sfumando in una indefinitezza cinetica di un gesto che pare non arrestarsi. Il rapporto dialogico fra i due interpreti, basato su elementi fisici di intesa e conflitto, si svolge all’interno di uno scenario onirico e mitologico dove la figura umana si confonde con altre apparizioni antropomorfe, esponendo un catalogo di simboli riconoscibili o enigmatici. Le forme si succedono e si dissolvono per lasciare emergere un senso altro del movimento, dove anche ciò che sembra familiare si ritrova avvolto dall’indeterminatezza.