Robinson
con Philippe Barbut, Biagio Caravano, Marta Ciappina, Andrea Dionisi, Laura Scarpini, Loredana Tarnovschi
coreografia Michele Di Stefano
musica Lorenzo Bianchi Hoesch
set Luca Trevisani
disegno luci Roberto Cafaggini
tecnico luci Giulia Broggi
capo macchinista Davide Clementi
organiozzazione Carlotta Garlanda con Francesca Pingitore
produzione mk 2014, Teatro di Roma
in collaborazione con Comune di Montalto di Castro e ATCL
con il contributo MiBACT
Luogo di approdo del turista definitivo ma anche laboratorio della colonizzazione, l’isola di Robinson si occupa da sempre della nostra idea dell’esotico, quell’indefinibile processo proiettivo di desideri e paure, rimodellato oggi per essere al servizio di due grandi flussi dell’economia globale: quello migratorio e quello vacanziero.
In questo spettacolo la progettualità amministratrice e normativa conferita da Defoe al suo protagonista entra contraddittoriamente in una zona di metamorfosi di fronte alla possibilità dell’innocenza originaria e di fronte allo sgretolamento dei propri limiti, causato dalla mancanza di quel termine di paragone che fonda e giustifica ogni individuo: un altro individuo, chiunque, un non-io.
Anziché rifondare la civiltà, il nostro Robinson si perde nel paesaggio senza umani fin quando l’incontro con l’altro lo prepara ad una totale reinvenzione di se stesso, come accade nel romanzo di Michel Tournier, Venerdì o il limbo del Pacifico.
Allo stesso modo, la coreografia è soprattutto un atto di apprendimento rispetto ad un “fuori” di cui fare incessante esperienza. La danza si definisce tale quando permette ad un’altra danza di esistere nei pressi: è dunque semplicemente un linguaggio adottato per l’incontro, che mantiene sempre vivo il momento dell’incontro.
E’ così possibile collocare l’origine e la fine di ogni danza nello spazio esterno del mondo. Ovunque.