ragout
anno
2005
durata
75'
dal progetto corpi incompiuti
coreografia e regia: Roberto Zappalà
musica: Giovanni Sollima
luci e scene Roberto Zappalà
costumi Leila Dato
foto Gianmaria Musarra
danzatori Daniela Bendini, Rohanna Halls , Giulia Mininel, Wei Meng Poon, Salvatore Romania, Raquel Gualtero Soriano , Paola Valenti
Video, testi e regia video Nello Calabrò
Interpreti video Carmelo Chiaramonte, Mansur Gueye, Roberto Zappalà
una coproduzione
compagnia zappalà danza – Scenario Pubblico
in collaborazione con Norrdans (Svezia), Teatro Giuditta Pasta di Saronno
Prima assoluta: 19 novembre Catania, Scenario Pubblico
La creazione “Ragoût” si colloca nell’ambito dell’ampio progetto “Corpi incompiuti”, percorso sulle attività percettive che Roberto Zappalà ha avviato nel 2003 e che troverà la sua conclusione nel 2006. Dopo aver indagato il disagio del corpo in “OB/sol.um”, successivamente il silenzio e il mutismo in “Ascoltando i pesci” , quindi la vista nell’ultima creazione “Rifarsi gli occhi”, con “Ragoût” il coreografo si sofferma ad esplorare il gusto. Roberto Zappalà si è già confrontato con questo senso affascinante e sensuale, ma anche disgustoso e inafferrabile, insieme alla compagnia svedese Norrdans, per la quale ha creato la prima parte del progetto che ha debuttato in Svezia nel febbraio 2004 con il titolo “I’m a good cook.Spaghetti anybody?” , ma non è mai stata rappresentata in Italia.
Ora il progetto sul gusto sarà completato dal coreografo insieme ai danzatori della compagnia zappalà danza per un avvincente spettacolo a serata intera per 7 danzatori
QUESTIONI DI GUSTO
Nel progetto sulla percezione dei sensi, la compagnia Zappalà danza si confronta qui con il senso, forse, più sfuggente e obliquo; quello del gusto.
Il gusto, che non fa parte dell’aristocrazia dei sensi come la vista (in primis) e l’udito, (insieme all’olfatto e al tatto ne è la componente proletaria), è anche il senso che trascina con sé e si accompagna di corollari imprescindibili in un ampio raggio concettuale che porta dalla sensualità, al dis/gusto, al kitsch.
Ma subito dietro il senso del gusto c’è prima di ogni cosa il cibo e dietro il cibo, la fame; cibo e fame che, insieme, formano una rete inestricabile che ci parla dell’oggi, delle differenze e degli sprechi nel mondo.
Lo spettacolo stimola, letteralmente, e “interroga” le papille gustative dello spettatore, con la consapevolezza che, se ha indubbiamente ragione Luis Bunuel quando dice che la necessità di mangiare non implica la prostituzione dell’arte è altrettanto vero che, a volte, la necessità di mangiare implica la prostituzione tout court.
La danza, come sempre negli spettacoli della compagnia, non è mai declamatoria ma nella sua forma più pura e astratta, allude e interroga. E se la danza non racconta nel senso tradizionale, lo spettacolo ha al suo interno elementi eterogenei, che ne scandiscono le varie fasi, cercando di verificare l’ampiezza del gusto come senso e come concetto.
Quanto di più personale abbiamo e allo stesso tempo di più misterioso.